Ieri ho attraversato stanze fatte di paura e ricordi che urlano ancora e oggi parole che non sembrano violenza ma lo diventano quando ti svuotano lentamente. Ho dato luce, cura, presenza, amore e mi sono consumata per chi dormiva sereno mentre io lottavo per respirare.
E nel momento in cui chiedevo un gesto ricevevo solo echi vuoti.

Così accade a molte donne: l’amore diventa scusa, la pazienza gabbia, la gentilezza un luogo dove gli altri si nascondono dalle proprie responsabilità. Ma nessuno vede le crepe finché non fanno rumore.

Il mio rumore è stato il silenzio con cui mi sono rialzata. Nella mia quiete hai trovato spazio per costruirti risposte che non hai mai dato. La mia forza è diventata il vostro alibi: non avete dovuto accorgervi, chiedere, restare.

A chi poteva sostenermi e non l’ha fatto, non chiedo più nulla. Guardavo gli occhi sbagliati, inseguivo chi non sapeva vedermi, ignorando l’amore vero accanto, mani tese, cuori presenti, persone che c’erano già. Quando mi sono voltata, ho capito: mi sono salvata da sola, ma sola non lo sono mai stata.

Oggi, 25 novembre, ricordo che la violenza ha mille forme: alcune lasciano cicatrici, altre scavano dentro. E oggi, non mi hai colpita con la violenza, ma con la fuga: quella fuga dalle emozioni in cui voi uomini spesso vi rifugiate, incapaci di guardarle in faccia, scegliendo il silenzio e le mezze verità proprio quando il cuore chiede presenza.

Veniamo lette come fragili, emotive, pretenziose, ma siamo coraggiose, determinate, pronte ad affrontare il vero. Nessuno più può farci sentire inadatte per parole, gesti, sensualità.
Back to Top